Intervista per la rivista Scomodo
8 marzo 2023

Notizie antiscientifiche, foto di santini e offerte di denaro. Così i movimenti “pro-life” violano i diritti di chi intende abortire. Una “politica del terrore” che colpevolizza chi non intende portare avanti la gravidanza.

In Italia esistono due movimenti antiabortisti: il più longevo – nasce nel 1975 – è il Movimento per la Vita, più organizzato e presente sul territorio, tramite una rete di Centri di Aiuto alla Vita (CAV). Questa è la premessa necessaria per capire la realtà Pro-life italiana da cui parte Massimo Prearo, responsabile scientifico del Centro di ricerca PoliTeSse all’Università di Verona e autore del saggio «L’ipotesi neocattolica. Politologia dei movimenti anti gender», in un colloquio con Scomodo.

Nell’ultimo decennio si è sviluppato un ramo dissidente di attivismo pro-life, che condivide gli obiettivi del vecchio Movimento, ovvero la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, ma adotta posizioni più estreme. «Per loro l’aborto è un omicidio e chiunque partecipi si rende complice. Le due ramificazioni differiscono sia nelle strategie sia nel rapporto con la politica. Il Movimento per la Vita è più istituzionalizzato, mentre i pro-life esercitano una pressione esterna alla politica, come una lobby. Il movimento Pro-life, di recente costituzione, si colloca però in una lunga genealogia e molti attivisti che ne fanno parte – ad esempio Maria Rachele Ruiu, oggi nel direttivo di Pro-Vita & Famiglia – provengono dal Movimento per la Vita». La Onlus Pro Vita e Famiglia ha però ampliato il proprio spettro di rivendicazioni, inserendo tra queste la difesa della famiglia tradizionale e la contestazione contro la cosiddetta “teoria del gender”.

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