Intervista con Simone Alliva per il settimanale L’Espresso
15 maggio 2023

A tracciare l’ascesa dei pro-life nel governo tra sottosegretariati e seggi in Parlamento è Massimo Prearo, Ricercatore in scienza politica dell’Università di Verona, da più di un decennio segue i movimenti pro-life e autore de “L’ipotesi neocattolica. Politologia dei movimenti anti-gender” (Mimesi). Un assalto al potere quello dei neo-cattolici che prima hanno fagocitato il Movimento per la vita: «politicamente minoritario, soprattutto nell’era post-democristiana» spiega Prearo. Infine «hanno invece occupato una posizione politica e si muovono ormai come un gruppo di pressione».

Professor Prearo, i movimenti pro-vita e anti-gender hanno raggiunto hanno raggiunto posizioni di potere. Una novità nel panorama politico?
«Per chi osserva quello che si muove nei margini, tutto era già lì: bisognava solo prenderli sul serio. Massimo Gandolfini è leader di un nuovo movimento che prende spazio e potere. Ma questo non significa che sia spuntato dal nulla. Era già attivo nell’associazione “Scienza e Vita”, ed era parte dell’attivismo pro-life italiano. Se osserviamo il suo percorso c’è al contempo continuità e novità. Negli ultimi anni c’è stato un lavoro di rielaborazione ideologica da parte delle destre, in particolare all’interno di Fratelli d’Italia. Un lavoro realizzato in stretta collaborazione conl’Associazione Family Day e con Pro-Vita e Famiglia, in particolare. La sintesi usata anche da Giorgia Meloni quando dice che lei non è contro il diritto di abortire ma per il “diritto di non abortire” – che proviene da quei gruppi – ne è un esempio significativo. La novità è che questi nuovi movimenti pro-life si pongono certamente nell’ottica dell’attivismo anti-abortista e pro-life italiano, ma hanno introdotto anche nuovi ambiti di mobilitazione: quello contro l’ideologia gender, e attraverso questo, hanno introdotto una visione per così dire “integrale” della difesa della vita che include anche la lotta contro le droghe, e, come dice Gandolfini, contro le dipendenze di tutti i tipi, sesso, gioco d’azzardo, ecc».

Ci sono rappresentanti pro-life o comunque punti di riferimento che hanno una posizione molto importante nel Governo?
«Basti pensare ad Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e a Eugenia Roccella, Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità. Il primo è stato dirigente di Alleanza Cattolica (da non confondere con Azione Cattolica), tra i promotori del Family Day e presenza costante della mobilitazione anti-gender e pro-life. La seconda in prima linea nelle piazze del Family Day, e oggi in campo al fianco delle realtà e organizzazioni, anche femministe, che stanno conducendo una battaglia contro i diritti delle persone trans. Entrambi sono l’incarnazione di questa visione “integrale” della difesa della vita “dal concepimento alla morte naturale”, passando dalla lotta contro “il gender” e contro i diritti LGBT+».

E che differenza c’è con il passato?
«Il Movimento per la Vita (MpV) diretto da Carlo Casini era molto integrato in politica, si muoveva tra negoziazioni e compromessi. Ma era politicamente minoritario, soprattutto nell’era post-democristiana. Oggi quel movimento lì, senza Casini, ha perso il suo aggancio politico. Contemporaneamente c’è stata un’ascesa dei “pro-vita e famiglia” che sono emersi nell’ambito della “Marcia per la vita”, come un gruppo in qualche modo dissidente rispetto al tradizionale MpV. Oggi anche la Marcia è sparita ed è stata fagocitata dal Family Day che propone da un paio d’anni la manifestazione “Scegliamo la vita”. Il MpV invece esiste ancora ma rimane specializzato sul territorio nel lavoro di contrasto all’aborto portato avanti dai Centri di aiuto per la vita, con la loro rete di volontari e medici obiettori. Pro-Vita & Famiglia e l’Associazione Family Day hanno invece occupato una posizione politica e si muovono ormai come un gruppo di pressione, una lobby se vogliamo. La posizione di consulente del Governo assunta da Gandolfini ne è un esempio».

Ci sono altri nomi di spicco? 
«È emerso che c’è anche Assuntina Morresi, vice Capo di Gabinetto della Ministra Roccella e che fa le veci di Eugenia Roccella quando si tratta di incontrare le associazioni Lgbt. Un paradosso se si pensa che la stessa Morresi, oltre che universitaria, componente del Comitato Nazionale di Bioetica, e autrice con Eugenia Roccella del libro “La favola dell’aborto facile. Miti e realtà della pillola abortiva Ru486”, è stata anche in prima linea già nel Family Day del 2007 contro i Dico, e non ha smesso di dichiararsi contro il matrimonio ugualitario, contro il riconoscimento dell’omogenitorialità (definiva la legge Cirinnà come “molto pericolosa e inemendabile”), e ovviamente contro la “teoria del gender”. Ricordo che il 5 ottobre 2013 partecipò a uno dei due convegni fondativi del movimento anti-gender a Milano, organizzato da Alleanza Cattolica, a cui partecipò d’altronde anche lo stesso Alfredo Mantovano, al fianco dell’allora portavoce della Manif pour tous francese, Tugdual Derville. Queste sono le figure da cui dipende il destino dei fondi Unar, che voi de L’Espresso avete denunciato».

Oltre alla presenza di queste persone c’è stato un cambiamento negli atteggiamenti dei partiti di destra?
«Fratelli d’Italia è stato un alleato cruciale di questi movimenti in questi ultimi anni: si pensi alla schiera di loro candidate e candidati che hanno firmato il manifesto di ProVita & Famiglia. C’è stata una messa a disposizione del partito e degli eletti per servire da cassa di risonanza e da strumento legislativo. Di fatto è stata accolta la linea Gandolfini: noi attivisti facciamo movimento, pressione, elaborazione ideologica, voi partiti traducete in legge le nostre rivendicazioni».

Di concreto questo governo ha fatto molto poco nei fatti.
«Forse ancora poche leggi in materia, ma fin dal primo giorno c’è stata una proliferazione di discorsi anti-Lgbt, anti-gender, anti-abortisti. Per non parlare della persecuzione delle famiglie arcobaleno. La promessa è stata mantenuta. A mio avviso, è una politica che produce paura e ostilità, e per questo sta rendendo l’Italia un paese che a livello istituzionale si rivela ancora meno accogliente per le persone LGBT+ di quanto già non lo fosse».

Che visione ha questa destra pro-life del corpo della donna?
«La donna è ancora rigidamente moglie e madre, e soprattutto culla della vita. Se gli anti-abortisti donano alle donne incinte le loro culle, è perché dal loro punto di vista il corpo delle donne è quella culla, in maniera assoluta, un’urna che custodisce la vita sacra. Questi attivisti “pro-vita e famiglia” rimangono fermamente contro l’aborto che considerano un omicidio, ma hanno adottato una posizione che sembra partire dal presupposto di una difficoltà a cancellare la 194. C’è una sorta di rassegnazione a tenersi quella legge, ma c’è anche una nuova strategia che mira al depotenziamento della legge, la politica imperativa del “non abortire”. Concretamente, c’è il tentativo di occupare le istituzioni per dirottare fondi e finanziamenti pubblici su attività che mirano a intercettare le donne intenzionate ad abortire per convincerle a non farlo. Penso per esempio ai progetti “Gemma” lanciati dal Movimento per la Vita che promettono un finanziamento nei mesi della gravidanza. L’obiettivo è, appunto, convincere le donne a non abortire. È fondamentalmente un progetto di contrasto all’autodeterminazione delle donne che questi movimenti vorrebbero santuarizzare con fondi pubblici».

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